Parlare in pubblico (senza uccidere l'uditorio)

Conservative Party Conference 2012

Parlare in pubblico può essere un compito molto complicato. Se non si è esperti navigati nel tenere conferenze, si cade spesso in alcuni errori che possono far fallire la performance, dal punto di vista del successo del conferenziere presso il pubblico, indipendentemente dalla sua preparazione specifica e dall’interesse oggettivo dell’argomento trattato.

Possono giovare, allora, alcuni consigli pratici:

1. Non credere che il pubblico sieda in sala per il proprio piacere. E’ lì per farti un piacere… quindi…
2. Quando scrivi sull’invito che la conferenza incomincerà alle 18.30, comincia alle 18.30. Vedi ancora molte sedie vuote e i tuoi parenti non sono ancora in sala? Non importa. Comincia. Altrimenti per usare un riguardo ai ritardatari, risulti sgarbato con chi è arrivato puntuale o in anticipo.
3. Se qualcuno è incaricato di presentarti al pubblico non permettergli di dilapidare i primi dieci minuti di sana attenzione in una vuota presentazione di te. Probabilmente gli intervenuti sono lì per sentirti parlare dell’argomento, difficilmente di te. Quindi entra subito in argomento.
4. Se sei stato chiamato per parlare del PIL della Papuasia, parla del PIL della Papuasia. Un’ampia dissertazione su argomenti affini o diversi (di cui certamente sei esperto finissimo), non sono in tema.
5. Non leggere. Parla. Se non sai parlare senza leggere, allora non tenere la conferenza. Una conferenza letta è una lettura di un pacco di pagine. Non una conferenza. La conferenza deve essere una conversazione con il pubblico, costruita con pezzi intercambiabili e affini tra loro che possano essere soppressi, accorciati, allungati, preposti o posposti a seconda delle reazioni del pubblico.
6. Le reazioni del pubblico le puoi vedere soltanto se parli. Se leggi non potrai certo controllare la “faccia dell’uditorio”. Che poi è il tuo termometro. Quando lo interessi tutti gli sguardi saranno rivolti verso di te, se qualcuno arriva in ritardo chi deve spostarsi assume un’aria contrariata. Quando si annoia, al contrario, l’arrivo di un ritardatario rappresenta un diversivo. Se le teste oscillano, si voltano, le gambe si accavallano e scavallano e l’occhio corre all’orologio o al programma, significa che la conferenza è fallita.
7. Quando l’interesse è esaurito (e solo parlando ne avrai l’immediata percezione) è come se il pubblico fosse già per la strada, non è recuperabile. La sola salvezza è tagliare, anche se il taglio sarà brusco e il concetto che stavi spiegando ti pare incompleto. Nessuno si accorgerà del taglio perché a questo punto di noia ed esaurimento del pubblico tu potresti inserire una pagina dell’elenco telefonico o la biografia dell’inventore del tritolo e nessuno si domanderebbe “ma che c’entra?”.
8. Il coefficiente di sopportazione del pubblico è limitato: una conferenza con i fogli in mano non deve durare più di 25 minuti. Al ventiseiesimo minuto gli sguardi si fisseranno sul numero di fogli che hai ancora da leggere e le persone cercheranno di indovinare quanti te ne mancano. Ma non ti ascolteranno più. Una conferenza senza appunti, d’altra parte non deve durare più di 55 minuti.
9. Pretendi che la sala sia ben illuminata, in modo da poter stabilire un contatto visivo con l’uditorio e verificarne l’attenzione.
10. Non misurare il tuo successo dagli applausi che non esplodano, collettivamente, dall’uditorio e che non ti permettano di finire la frase. Gli altri sono convenzione e usanza, non termometro del successo.

Il penalista francese Floriot, descrivendo una buona arringa, diceva: “Une bonne plaidoirie doit ressembler à une robe de femme. Il faut qu’elle soit assez longue pour couvrir le sujet, et assez courte pour qu’on ait l’envie de la suivre“. E mi pare si attagli bene all’argomento “conferenza”: Una buona conferenza deve assomigliare a un vestito da donna. Occorre che sia sufficientemente lungo per coprire il soggetto, e abbastanza corto perché si abbia voglia di prestargli attenzione.

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