La trappola dell’elefante incatenato ovvero dell’impotenza appresa: come uscirne?

La trappola mentale che ci costringe in limiti autoimposti si genera quando ci convinciamo di una nostra presunta incapacità di realizzare qualcosa, senza aver provato a realizzarla.

Questa trappola è particolarmente insidiosa in quanto ci impedisce crescita e cambiamento, costringendoci a vivere nello stato attuale anche se i nostri desideri ci porterebbero altrove. Inoltre, è fonte e causa di una serie di altre distorsioni che rafforzano la condizione di impotenza e la frustrazione che ne consegue.

La “profezia che sia autorealizza” è la prima: poiché sono convinto di non essere in grado di fare qualcosa, non tento nemmeno di farla e quindi realizzo, di fatto, la mia stessa profezia.

L’affezione naturale allo status quo e la paura del cambiamento rappresentano la seconda. Siamo naturalmente e biologicamente propensi a diffidare del nuovo e a trovare mille alibi per rimanere nell’apparente stato di quiete nel quale ci muoviamo: la zona di comfort è difficile da abbandonare, e lo è ancora di più se siamo convinti che realizzare il cambiamento è (per nostra incapacità), impossibile.

Ma da cosa trae origine l’impotenza appresa? Abitudini ed educazione sono le prime responsabili. Pensiamo all’elefante allo zoo o al circo, legati con una piccola catena a un piolo conficcato nel terreno. L’elefante potrebbe rompere la catena senza sforzo ma, semplicemente, non lo fa. Perché? Fin da quando era cucciolo è sempre stato incatenato in quel modo e, ovviamente, i suoi tentativi di liberarsi sono risultati vani.
Ora che potrebbe facilmente strappare la catena non ci prova più perché ha appreso l’impossibilità teorica (ma ormai anche pratica) di liberarsi e non è più cosciente della propria forza.

La stessa trappola ha effetto su di noi: se qualcuno ci convince che non siamo in grado di realizzare nulla di buono o di nuovo (e noi stiamo al gioco), apprendiamo questa presunta impotenza e la nostra mente diventa incapace di valutare oggettivamente le proprie potenzialità.

Come uscirne? Un modo semplice e (solo apparentemente) ovvio è… provarci.

Provarci significa fare qualcosa, anche piccola, che vada nella direzione della realizzazione di quel sogno o di quella idea. La domanda da porci è: “quale sarebbe la prima azione che dovrei compiere se fossi già convinto di riuscire?” E mettere in atto quell’azione.
La probabilità che abbia esito positivo è molto alta e, in questo modo, si innesca nella nostra mente un processo inverso: ormai motivati dal successo, nessuno (nemmeno noi stessi) sarà più in grado di fermarci!

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