The Master o della leadership

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Tra i più controversi film dell’anno, capace di spaccare la critica tra entusiasti e delusi da una grande aspettativa incompiuta, The Master racconta, in realtà, una storia diversa. Da film-inchiesta sulla nascita di Scientology e sulla figura carismatica (e controversa) di Ron Hubbard, il film racconta dal mio punto di vista di formatore e mentalista, una storia completamente diversa: svela alcuni meccanismi della leadership e della creazione del consenso. Il pretesto narrativo e cinematografico, il rapporto di amore-odio tra il fondatore della Causa (la congregazione quasi settaria dei suoi seguaci) e il reduce della Seconda Guerra Mondiale, reso pazzo dagli orrori della guerra, iconizza la figura carismatica del leader e del seguace-tipo in una relazione di dipendenza e autenticazione reciproca. Ammaliatore, seduttivo, istrionico, mentale il primo, fisico, incontrollabile, alienato il secondo, rappresentano le due facce della stessa medaglia: il leader è dotato di una volontà di ferro, è il primo seguace delle proprie idee e le difende con un’aggressività tutta verbale, dialettica e assertiva, il secondo rappresenta la follia creativa, la parte meno controllabile della mente e della forza fisica. Il bipolarismo della coppia di protagonisti affascina e trascina la folla, convince i seguaci, stempera le critiche e spinge all’adesione incondizionata. E’ come se lo stereotipo del leader fosse formato dall’unione indissolubile delle due figure che sebbene tentino di separarsi o vengano separate a forza, finiscono per ritrovarsi sempre ricreando una sorta di equilibrio. Il Leader è il Superuomo, dotato apparentemente di tutte le qualità: e se non le possiede gli altri le vedono comunque. Mi torna in mente la descrizione che Maurice Leblanc fa di Arsenio Lupin nel romanzo “La contessa di Cagliostro”, vera sintesi delle doti del leader e degli effetti che queste producono su coloro che lo ammirano: “Ella lo vide più grande di quanto non sembrasse e più potente, meglio dotato degli altri uomini, che aveva conosciuto, armato di uno spirito più sottile, di uno sguardo più acuto, dei mezzi d’azione più diversi. Essa si inchinò di fronte a quella volontà implacabile e davanti a quella energia che nessuna considerazione avrebbe potuto piegare… Un po’ di audacia, delle idee chiare, della logica, la volontà assoluta di puntare verso il proprio fine come una freccia”.

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